250 GTO: una Ferrari opera d’arte

Nello scorso giugno il Tribunale di Bologna, nella sua sezione specializzata in materia d’impresa, ha sancito l’inclusione della Ferrari 250 GTO tra le opere d’arte ai sensi della Legge 633/41 relativa ai diritti d’Autore. Una sentenza che ha comportato importanti vantaggi per la Ferrari, che ha visto riconosciuto il proprio diritto a far sì che nessuno possa creare riproduzioni ad essa anche solo somiglianti. Gravi invece i danni a coloro che si apprestavano ad offrirne degli esemplari sul mercato. Praticamente tutti coloro che ne hanno scritto, commentando positivamente la notizia, si sono anche sperticati nelle lodi a questa straordinaria vettura. È peraltro la detentrice del più alto valore pagato ad un’asta per un veicolo storico: ben 48.000.000,00 di Dollari.

Giotto Bizzarrini

Ricordo che questa, sviluppata sulla base della Ferrari 250 SWB (passo corto) dall’ingegner Giotto Bizzarrini, fu la mattatrice della categoria GT negli anni 1962/63. Nello stesso tempo poteva essere usata in strada, bastava essere dotati di grande resistenza al rumore ed al caldo. Bellissima la linea nata dalla funzione. Uscì infatti così come la si vede dai disegni di Bizzarrini e dai martelli della Scaglietti e così ne vennero costruiti trentanove esemplari. Caratteristiche indubbiamente straordinarie, ma nulla che non si possa attagliare ugualmente ad una Jaguar E-Type ‘Lightweight’ oppure ad una AC Cobra. È dunque normale che agli appassionati più smaliziati questa sentenza ponga una domanda: perché solo questa Ferrari?

La Linx ed altre riproduzioni

Non si capisce infatti il motivo per cui, dal giugno 2019 in poi, nessuno sarà più legittimato a produrre un modello somigliante alla Ferrari 250 GTO. Ciò anche se privo degli stemmi della Casa di Maranello, e magari dotato di un motore Nissan come faceva anni fa la statunitense Marauder. Invece chiunque sarà autorizzato a fare la stessa cosa con la AC Cobra, le Jaguar C e  D-Type e le Porsche 356 Speedster. Aggiungendo, tra l’altro, che un semplice amatore di automobili avrebbe potuto riconoscere le goffe riproduzioni della Ferrari GTO e, nel dubbio, sarebbe bastato aprire il cofano per accorgersi che il V12 non era presente. Non così per le altre citate quando, soprattutto nel caso delle Jaguar costruite dalla Linx. È noto che esse sono in grado, con solo qualche piccola modifica, di mettere in difficoltà persino gli specialisti della Marca. Questo perché presenta, oltre alla perfetta esecuzione di tutto l’insieme, anche un motore di aspetto assolutamente identico all’originale.

La nostra conclusione

Pur essendo naturalmente contento che, in linea di principio, si sia cominciato a considerare i veicoli da collezione alla stregua di opere d’arte, avverto un paio di incongruenze. La prima è che ha poco senso dare questa qualifica solo ad un modello, anche se pregiatissimo e dal valore molto elevato. Non mi sembra questo il criterio giusto per legiferare. La seconda incongruenza è invece che non mi pare produttivo, per il mondo delle auto da amatore, tagliare le gambe ai costruttori di validissime e dichiarate riproduzioni (tipo quelle in foto con il numero di gara 19), spesso reduci da anni di impeccabile attività. Cosa che, qualora questa sentenza dovesse allargarsi a tutto il nostro mondo, come vorrebbe la coerenza, accadrebbe per forza. In fin dei conti è sempre stato proibito tentare di trarre in inganno il pubblico falsificando numeri di telaio e marchi di fabbrica dei veicoli. È poi vietato pure esportarli quando riconosciuti beni culturali, come ben sanno i curatori fallimentari della Bertone, quando hanno posto all’asta la Collezione. E ben lo sapeva l’A.S.I. quando l’ha comperata. Quindi tanto rumore per nulla? Quasi.

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